Certo,
se il giorno prima scrivo un articolo (appassionato e particolarmente
sentito) sulla filosofia e il giorno dopo mi ritrovo a parlare di
politica, allora mi rendo conto che un downgrade nei temi e
nell'immaginazione è stato compiuto.
Tuttavia,
provando a pensare ad un articolo per oggi (vi rassicuro, non
riuscirò a scrivere sempre), la prima idea che mi è saltata in
mente ha riguardato la comunicazione politica e i mezzi coi quali si può
attirare il consenso: se ci facciamo caso, Renzi, Berlusconi e Grillo
sono i tre leader dei principali schieramenti e il loro modo di
attirare i voti si basa sul carisma e sulla battuta.
Analizzando
un po' più a fondo, Berlusconi dà l'immagine dell'uomo che si è
fatto da sé (anche se da qualche tempo è diventato il nuovo martire
della democrazia), Renzi si presenta come il nuovo che avanza, Grillo
come lo tsunami in grado di terremotare la Gomorra del parlamento.
Fin
qui, opinioni positive e negative a parte, non ho niente da obiettare. Sulla
scena politica ognuno deve recitare una parte per attirare consenso.
Il problema si pone caso mai nel momento in cui bisogna discutere di
temi un po' più impegnativi, le cui soluzioni non stanno né in
semplificazioni, né in divertenti battute del buonumore.
Ed
è proprio quando esploriamo temi impegnativi che troviamo i nostri
leader in difficoltà.
Berlusconi
ha fatto una campagna elettorale basata sull'abolizione dell'IMU,
Renzi ha dato vita alla Leopolda (con i famosi cento tavoli, nei
quali, si sono ribadite le solite cose, dette sempre con la forma
dello slogan e mai dettagliando le riforme), Grillo si rifiuta di
partecipare ad ogni confronto (per non mischiarsi al teatrino della
politica dice lui, per non avere contraddittorio dico io).
Dal
mio punto di vista, da qualsiasi prospettiva si guardi la cosa,
potranno fare ridere (qualcuno di loro mi suscita la reazione
contraria), potranno essere telegenici, ma in tema di competenze mi
tengo il beneficio del dubbio: nel caso di Berlusconi per le sue
esperienze di governo, nel caso di Renzi per la sua superficialità
in merito ad alcune questioni, nel caso di Grillo per alcune sue
uscite (non ultima la proscrizione dei giornalisti, che rimanda a
ricordi non troppo piacevoli di “libertà al bavaglio”).
Non
ultimo, e termino la mia critica (forse alcuni lettori potranno
giudicarmi come pseudo-intellettuale, saccente e petulante) vorrei
porre in analisi anche il metodo di intervista.
Non
so quanti di voi abbiano visto il confronto tra i candidati del PD,
ma discutere di temi importanti nel giro di 30 secondi è uno sporco
lavoro nel quale il politico dà semplici slogan, dice poche cose e
soprattutto non dice. Il tutto mentre la platea applaudisce e urla
come se assistesse ad una partita di pallone. Di questo tipo di
confronto c'è bisogno, sia chiaro, ma deve essere altrettanto chiaro
(almeno secondo me) che un voto non lo si da a chi è stato il più
simpatico. In questo senso servirebbero, oltre allo schema del
botta-risposta, anche interviste più lunghe nelle quali il
giornalista incalza e spinge il candidato X a dare risposte concrete
e dettagliate.
Ma
vabè, questi sono solo monologhi di strano studente di filosofia.
Soltanto opinioni.
Corrado Schininà
Corrado Schininà
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