venerdì 5 giugno 2015

Pier Paolo Pasolini: "Il vuoto del potere" ovvero "l'articolo delle lucciole".

La distinzione tra fascismo aggettivo e fascismo sostantivo risale niente meno che al giornale "Il Politecnico", cioè all'immediato dopoguerra..." Così comincia un intervento di Franco Fortini sul fascismo ("L'Europeo, 26-12-1974): intervento che, come si dice, io sottoscrivo tutto, e pienamente. Non posso però sottoscrivere il tendenzioso esordio. Infatti la distinzione tra "fascismi" fatta sul "Politecnico" non è né pertinente né attuale. Essa poteva valere ancora fino a circa una decina di anni fa: quando il regime democristiano era ancora la pura e semplice continuazione del regime fascista. Ma una decina di anni fa, è successo "qualcosa". "Qualcosa" che non c'era e non era prevedibile non solo ai tempi del "Politecnico", ma nemmeno un anno prima che accadesse (o addirittura, come vedremo, mentre accadeva).
Il confronto reale tra "fascismi" non può essere dunque "cronologicamente", tra il fascismo fascista e il fascismo democristiano: ma tra il fascismo fascista e il fascismo radicalmente, totalmente, imprevedibilmente nuovo che è nato da quel "qualcosa" che è successo una decina di anni fa. Poiché sono uno scrittore, e scrivo in polemica, o almeno discuto, con altri scrittori, mi si lasci dare una definizione di carattere poetico-letterario di quel fenomeno che è successo in Italia una decina di anni fa. Ciò servirà a semplificare e ad abbreviare il nostro discorso (e probabilmente a capirlo anche meglio).
Nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c'erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta).
Quel "qualcosa" che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque "scomparsa delle lucciole". Il regime democristiano ha avuto due fasi assolutamente distinte, che non solo non si possono confrontare tra loro, implicandone una certa continuità, ma sono diventate addirittura storicamente incommensurabili. La prima fase di tale regime (come giustamente hanno sempre insistito a chiamarlo i radicali) è quella che va dalla fine della guerra alla scomparsa delle lucciole, la seconda fase è quella che va dalla scomparsa delle lucciole a oggi. Osserviamole una alla volta.
Prima della scomparsa delle lucciole
La continuità tra fascismo fascista e fascismo democristiano è completa e assoluta. Taccio su ciò, che a questo proposito, si diceva anche allora, magari appunto nel "Politecnico": la mancata epurazione, la continuità dei codici, la violenza poliziesca, il disprezzo per la Costituzione. E mi soffermo su ciò che ha poi contato in una coscienza storica retrospettiva. La democrazia che gli antifascisti democristiani opponevano alla dittatura fascista, era spudoratamente formale.
Si fondava su una maggioranza assoluta ottenuta attraverso i voti di enormi strati di ceti medi e di enormi masse contadine, gestiti dal Vaticano. Tale gestione del Vaticano era possibile solo se fondata su un regime totalmente repressivo. In tale universo i "valori" che contavano erano gli stessi che per il fascismo: la Chiesa, la Patria, la famiglia, l'obbedienza, la disciplina, l'ordine, il risparmio, la moralità. Tali "valori" (come del resto durante il fascismo) erano "anche reali": appartenevano cioè alle culture particolari e concrete che costituivano l'Italia arcaicamente agricola e paleoindustriale. Ma nel momento in cui venivano assunti a "valori" nazionali non potevano che perdere ogni realtà, e divenire atroce, stupido, repressivo conformismo di Stato: il conformismo del potere fascista e democristiano. Provincialità, rozzezza e ignoranza sia delle "élites" che, a livello diverso, delle masse, erano uguali sia durante il fascismo sia durante la prima fase del regime democristiano. Paradigmi di questa ignoranza erano il pragmatismo e il formalismo vaticani.
Tutto ciò che risulta chiaro e inequivocabilmente oggi, perché allora si nutrivano, da parte degli intellettuali e degli oppositori, insensate speranze. Si sperava che tutto ciò non fosse completamente vero, e che la democrazia formale contasse in fondo qualcosa. Ora, prima di passare alla seconda fase, dovrò dedicare qualche riga al momento di transizione.
Durante la scomparsa delle lucciole
In questo periodo la distinzione tra fascismo e fascismo operata sul "Politecnico" poteva anche funzionare. Infatti sia il grande paese che si stava formando dentro il paese - cioè la massa operaia e contadina organizzata dal PCI - sia gli intellettuali anche più avanzati e critici, non si erano accorti che "le lucciole stavano scomparendo". Essi erano informati abbastanza bene dalla sociologia (che in quegli anni aveva messo in crisi il metodo dell'analisi marxista): ma erano informazioni ancora non vissute, in sostanza formalistiche. Nessuno poteva sospettare la realtà storica che sarebbe stato l'immediato futuro; né identificare quello che allora si chiamava "benessere" con lo "sviluppo" che avrebbe dovuto realizzare in Italia per la prima volta pienamente il "genocidio" di cui nel "Manifesto" parlava Marx.
Dopo la scomparsa delle lucciole
I "valori" nazionalizzati e quindi falsificati del vecchio universo agricolo e paleocapitalistico, di colpo non contano più. Chiesa, patria, famiglia, obbedienza, ordine, risparmio, moralità non contano più. E non servono neanche più in quanto falsi. Essi sopravvivono nel clerico-fascismo emarginato (anche il MSI in sostanza li ripudia). A sostituirli sono i "valori" di un nuovo tipo di civiltà, totalmente "altra" rispetto alla civiltà contadina e paleoindustriale. Questa esperienza è stata fatta già da altri Stati. Ma in Italia essa è del tutto particolare, perché si tratta della prima "unificazione" reale subita dal nostro paese; mentre negli altri paesi essa si sovrappone con una certa logica alla unificazione monarchica e alla ulteriore unificazione della rivoluzione borghese e industriale. Il trauma italiano del contatto tra l'"arcaicità" pluralistica e il livellamento industriale ha forse un solo precedente: la Germania prima di Hitler. Anche qui i valori delle diverse culture particolaristiche sono stati distrutti dalla violenta omologazione dell'industrializzazione: con la conseguente formazione di quelle enormi masse, non più antiche (contadine, artigiane) e non ancor moderne (borghesi), che hanno costituito il selvaggio,
aberrante, imponderabile corpo delle truppe naziste.
In Italia sta succedendo qualcosa di simile: e con ancora maggiore violenza, poiché
l'industrializzazione degli anni Settanta costituisce una "mutazione" decisiva anche rispetto a quella tedesca di cinquant'anni fa. Non siamo più di fronte, come tutti ormai sanno, a "tempi nuovi", ma a una nuova epoca della storia umana, di quella storia umana le cui scadenze sono millenaristiche. Era impossibile che gli italiani reagissero peggio di così a tale trauma storico.
Essi sono diventati in pochi anni (specie nel centro-sud) un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale. Basta soltanto uscire per strada per capirlo. Ma, naturalmente, per capire i cambiamenti della gente, bisogna amarla. Io, purtroppo, questa gente italiana, l'avevo amata: sia al di fuori degli schemi del potere (anzi, in opposizione disperata a essi), sia al di fuori degli schemi populisti e umanitari. Si trattava di un amore reale, radicato nel mio modo di essere. Ho visto dunque "coi miei sensi" il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiani, fino a una irreversibile degradazione. Cosa che non era accaduta durante il fascismo fascista, periodo in cui il comportamento era
completamente dissociato dalla coscienza. Vanamente il potere "totalitario" iterava e reiterava le sue imposizioni comportamentistiche: la coscienza non ne era implicata. I "modelli" fascisti non erano che maschere, da mettere e levare. Quando il fascismo fascista è caduto, tutto è tornato come prima. Lo si è visto anche in Portogallo: dopo quarant'anni di fascismo, il popolo portoghese ha celebrato il primo maggio come se l'ultimo lo avesse celebrato l'anno prima. È ridicolo dunque che Fortini retrodati la distinzione tra fascismo e fascismo al primo dopoguerra: la distinzione tra il fascismo fascista e il fascismo di questa seconda fase del potere democristiano non solo non ha confronti nella nostra storia, ma probabilmente nell'intera storia.
Io tuttavia non scrivo il presente articolo solo per polemizzare su questo punto, benché esso mi stia molto a cuore. Scrivo il presente articolo in realtà per una ragione molto diversa. Eccola. Tutti i miei lettori si saranno certamente accorti del cambiamento dei potenti democristiani: in pochi mesi, essi sono diventati delle maschere funebri. È vero: essi continuano a sfoderare radiosi sorrisi, di una sincerità incredibile. Nelle loro pupille si raggruma della vera, beata luce di buon umore. Quando non si tratti dell'ammiccante luce dell'arguzia e della furberia. Cosa che agli elettori piace, pare, quanto la piena felicità. Inoltre, i nostri potenti continuano imperterriti i loro sproloqui incomprensibili; in cui galleggiano i "flatus vocis" delle solite promesse stereotipe. In realtà essi sono appunto delle maschere. Son certo che, a sollevare quelle maschere, non si troverebbe nemmeno un mucchio d'ossa o di cenere: ci sarebbe il nulla, il vuoto. La spiegazione è semplice: oggi in realtà in Italia c'è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né, infine, un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé.
Come siamo giunti, a questo vuoto? O, meglio, "come ci sono giunti gli uomini di potere?". La spiegazione, ancora, è semplice: gli uomini di potere democristiani sono passati dalla "fase delle lucciole" alla "fase della scomparsa delle lucciole" senza accorgersene. Per quanto ciò possa sembrare prossimo alla criminalità la loro inconsapevolezza su questo punto è stata assoluta; non hanno sospettato minimamente che il potere, che essi detenevano e gestivano, non stava semplicemente subendo una "normale" evoluzione, ma sta cambiando radicalmente natura.
Essi si sono illusi che nel loro regime tutto sostanzialmente sarebbe stato uguale: che, per esempio, avrebbero potuto contare in eterno sul Vaticano: senza accorgersi che il potere, che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, non sapeva più che farsene del Vaticano quale centro di vita contadina, retrograda, povera. Essi si erano illusi di poter contare in eterno su un esercito nazionalista (come appunto i loro predecessori fascisti): e non vedevano che il potere, che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, già manovrava per gettare la base di eserciti nuovi in quanto transnazionali, quasi polizie tecnocratiche. E lo stesso si dica per la famiglia, costretta, senza soluzione di continuità dai tempi del fascismo, al risparmio, alla moralità: ora il potere dei consumi imponeva a essa cambiamenti radicali nel senso della modernità, fino ad accettare il divorzio, e ormai, potenzialmente, tutto il resto, senza più limiti (o almeno fino ai limiti consentiti dalla permissività del nuovo potere, peggio che totalitario in quanto violentemente totalizzante).
Gli uomini del potere democristiani hanno subito tutto questo, credendo di amministrarselo e soprattutto di manipolarselo. Non si sono accorti che esso era "altro": incommensurabile non solo a loro ma a tutta una forma di civiltà. Come sempre (cfr. Gramsci) solo nella lingua si sono avuti dei sintomi. Nella fase di transizione - ossia "durante" la scomparsa delle lucciole – gli uomini di potere democristiani hanno quasi bruscamente cambiato il loro modo di esprimersi, adottando un linguaggio completamente nuovo (del resto incomprensibile come il latino): specialmente Aldo Moro: cioè (per una enigmatica correlazione) colui che appare come il meno implicato di tutti nelle cose orribili che sono state, organizzate dal '69 ad oggi, nel tentativo, finora formalmente riuscito, di conservare comunque il potere. Dico formalmente perché, ripeto, nella realtà, i potenti democristiani coprono con la loro manovra da automi e i loro sorrisi, il vuoto. Il potere reale procede senza di loro: ed essi non hanno più nelle mani che quegli inutili apparati che, di essi, rendono reale nient'altro che il luttuoso doppiopetto.
Tuttavia nella storia il "vuoto" non può sussistere: esso può essere predicato solo in astratto e per assurdo. È probabile che in effetti il "vuoto" di cui parlo stia già riempiendosi, attraverso una crisi e un riassestamento che non può non sconvolgere l'intera nazione. Ne è un indice ad esempio l'attesa "morbosa" del colpo di Stato. Quasi che si trattasse soltanto di "sostituire" il gruppo di uomini che ci ha tanto spaventosamente governati per trenta anni, portando l'Italia al disastro economico, ecologico, urbanistico, antropologico.
In realtà la falsa sostituzione di queste "teste di legno" (non meno, anzi più funereamente carnevalesche), attuata attraverso l'artificiale rinforzamento dei vecchi apparati del potere fascista, non servirebbe a niente (e sia chiaro che, in tal caso, la "truppa" sarebbe, già per sua costituzione, nazista). Il potere reale che da una decina di anni le "teste di legno" hanno servito senza accorgersi della sua realtà: ecco qualcosa che potrebbe aver già riempito il "vuoto" (vanificando anche la possibile partecipazione al governo del grande paese comunista che è nato nello sfacelo dell'Italia: perché non si tratta di "governare"). Di tale "potere reale" noi abbiamo immagini astratte e in fondo apocalittiche: non sappiamo raffigurarci quali "forme" esso assumerebbe sostituendosi direttamente ai servi che l'hanno preso per una semplice "modernizzazione" di tecniche. Ad ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorché multinazionale, darei l'intera Montedison per una lucciola.

Corriere della Sera, 1 Febbraio 1975

Luca Martis

lunedì 1 giugno 2015

Elezioni Regionali 2015: un'analisi diversa.

A differenza di come il metodo comune calcoli i risultati delle elezioni, è preferibile, almeno dal mio punto di vista, andare a calcolare il numero di voti effettivi, in modo da tener conto sia dell'eventuale perdita e dell'eventuale guadagno di voti, sia del numero di persone che non sono andate a votare, il grandissimo popolo degli astenuti quindi. Si tratta di un lavoro noioso persino da leggere, ma necessario se si vuole avere un'idea chiara e reale della situazione politica italiana.

Questi sono i risultati:

Campania: Vincenzo de Luca perde circa 250.000 voti (da 1.258.000 a 987.000). Il PD registra un calo di circa 100.000 voti (da 589.000 a 443.000). Caldoro, della coalizione di centro-destra, che aveva vinto nelle precedenti elezioni, perde circa 600 mila voti, posizionandosi oggi in seconda posizione. Il M5S con la Ciarambino, ne guadagna circa 400 mila rispetto al 2010 con Fico (da 39.000 a 420.000). 

Puglia: la coalizione di centro-sinistra capitanata da Emiliano da 1.036.000 voti guadagnati con Nichi Vendola, questa volta perde circa 300.000 voti (791.000 in tutto). Il PD ne perde circa 100.000 passando da 410.000 a 316.000 voti. Schittulli, coalizione di Fitto, ne perde circa 350.000 se si considerano le due coalizioni di centro-destra unite (da 899.000 a 540.000 voti) mentre il M5S, presente per la prima volta alle Regionali in Puglia, con Laricchia ne prende 309.000, oltrepassando così il centro-destra.  

Veneto: Ahimè, anche Zaia perde circa 400.000 voti (da 1.528.000 a 1.107.000). La coalizione di centro-sinistra ne perde circa 200.000 ( da 738.000 di Bortolussi ai 502.000 della Moretti), e più precisamente il PD ne perde circa 150.000 (da 456.000 a 308.000). Invece in controtendenza rispetto agli altri, il M5S ne guadagna ben 180.000 rispetto al 2010 (passando dagli 80.000 di Borrelli ai 262.000 di Berti). Non ha giovato alla Lega e a Zaia la scissione con Tosi; se unissimo i voti la perdita di Zaia sarebbe stata meno ingente (100.000 voti).

Umbria: Marini, della coalizione di centro-sinistra, perde circa 100.000 voti (da 257.000 a 159.000) mentre il PD ne perde circa 20.000. La coalizione di centro-destra con Ricci ne perde 20.000, con un incremento della Lega Nord pari a 30.000 voti. Rispetto al vecchio Popolo delle Libertà, Forza Italia ne perde circa 100.000. Prima comparsa invece per il M5S, il quale guadagna con Liberati 53.000 voti. 

Toscana: Enrico rossi, coalizione di centro-sinistra, perde circa 400.000 voti (da 1.053.000 a 656.000), mentre il PD ne perde circa 30.000. Se nel 2010 la coalizione di centro-destra (Lega Nord e Popolo delle Libertà) guadagnava 608.000 voti, nel 2015 Borghi, coalizione Lega Nord e Fratelli d'Italia, ne guadagna approssimativamente 100.000, mentre Forza Italia con Mugnai ne perde 300.000.  Se sommate queste due parti, che ricordo nel 2010 erano unite, osserviamo un calo di circa 200.000 voti. Prima comparsa ancora del M5S, che con Giannarelli ne guadagna 205.000.

Marche: Luca Ceriscioli, coalizione centro-sinistra, perde circa 150.000 voti (da 409.000 a 251.000), mentre il PD ne perde circa 40.000. Se nel 2010 Marinelli, Popolo delle Libertà e Lega Nord, guadagnava 306.000 di voti, nel 2015 i due partiti si presentano divisi; pertanto Acquaroli,  Lega Nord e Fratelli d'Italia, guadagna circa 60.000 voti, al contrario di Forza Italia che ne perde circa 160.000 con Spacca. Se dovessimo unire le due coalizioni per fare un parallelo con il 2010, il centro destra perde circa 100.000 voti. Prima comparsa del M5S, che guadagna con Maggi 133.000 voti al primo colpo.

Liguria: Toti, coalizione di centro-destra, perde circa 160.000 voti (da 389.000 a 226.000); Lega Nord ne guadagna circa 30.000 ma Forza Italia ne perde ben 150.000. La coalizione di centro-sinistra, che nel 2010 aveva vinto le elezioni con Burlando, nel 2015 arriva seconda con Paita, totalizzando una perdita di voti pari a 240.000 voti (da 424.000 a 226.000). Il PD invece ne perde circa 80.000. Nuovamente prima comparsa del M5S, che guadagna con la Salvatore, 163.000 voti.

L'affluenza varia dal 50% al 57%, pertanto gli astenuti risultano ancora i vincitori di queste elezioni. 
Come si può evincere da quest'analisi, il partito, o in questo caso meglio dire movimento, che ha guadagnato il maggior numero di voti rispetto al passato è il M5S, ovviamente aiutato dal fatto che in molte regioni nel 2010 non era presente.  Anche la Lega Nord guadagna parecchi voti. 
Vari sono i fatti fondamentali da sottolineare:
- se dovessimo confrontare i singoli partiti, il M5S si presenterebbe come una delle forze nazionali più importanti, pareggiando e/o superando (vedi caso Liguria) i singoli partiti presenti nelle coalizioni;
- le coalizioni di sinistra e di destra sono composte da numerosi micro-partitini, importantissimi per le realtà locali dato che la coalizione estende il proprio gioco d'interessi, coinvolgendo personalmente un numero maggiore di votanti (parlo proprio della trama di relazioni, lecite o illecite che siano, radicata nella politica locale italiana). 
- se teniamo conto del fatto che il PD è al governo e Renzi sta provando in tutti modi di apparire in maniera degna con tutte le riforme che sta attuando (apparentemente positive ma nella sostanza negative), si capisce come la gente stia pian piano alzando la testa e scorgendo non più l'ombra tanto carina, bensì le vere fattezze di questo politicante neo-liberista, servo dei poteri forti;
- a differenza di quanto dicono i mass media, non c'è cosa più lontana della resurrezione di Berlusconi; la sua morte politica è ancora lentamente in atto, nonostante la vittoria di Toti.
Ciò che bisogna capire è che le rivoluzioni e i cambiamenti radicali non avvengono nel giro di due anni, e tutte le elezioni che si stanno susseguendo dal 2013 ad oggi ne sono la prova. Una lenta scalata verso il cambiamento sta avvenendo, e il Potere sta giocando lentamente tutte le sue carte: Monti, Letta, Renzi; ha perfino deciso di rivelare la sostanziale uguaglianza di Destra e Sinistra col patto del Nazareno, e tutto questo per perpetuare l'insostenibile sistema neo-liberista. Come già annunciato in precedenti articoli, vedremo ancora cose mai viste. Ebbene, più il Potere si troverà in difficoltà e più la situazione peggiorerà, e noi a quel punto dovremo essere coraggiosi.

Luca Martis.