Di
recente ho dato un esame di storia contemporanea. Si presume che dovrei aver acquisito un'ampia conoscenza sul recente passato
dell'uomo tuttavia credo che l'obbiettivo sia riuscito a metà.
Le
nozioni fondamentali per fortuna sono rimaste nella mia
testa (vediamo tra qualche giorno cosa mi ricorderò), ma dietro la
“Grande Storia”, quella conosciuta da tutti, vi sono vicende che
passano in secondo piano e sebbene non sembrino rilevanti, nascondono
dietro di sé una storia sicuramente interessante da raccontare.
Quanti
di voi conoscono l'Isola delle Rose? A dispetto del nome, che
sembra uscito da un romanzo, questo luogo doveva rappresentare
l'utopia della civiltà, nel senso più alto del termine.
Come
spesso accade, l'idea quando si tramuta in realtà diventa un grigio
ricordo delle aspettative iniziali e questa storia non fa eccezione.
L'Isola
delle Rose nacque nel 1968 in una piattaforma artificiale non molto
distante dalle coste emiliane. Il padre della micro-nazione fu
Giorgio Rosa, ingegnere bolognese.
Si
disse che la ragione principale della nascita di questo
stato-piattaforma era soprattutto economica: ottenere un ruolo di
rilievo internazionale nei commerci sfruttando la posizione logistica
della piattaforma, altri credono che lo stesso Rosa sia stato un fascista (in effetti fu soldato repubblichino) il cui scopo era quello di costruire lo stato-piattaforma per renderlo un paradiso fiscale dal quale potersi rifugiare.
Andando
oltre insinuazioni e supposizioni, proviamo ad essere meno
materialisti e più idealisti: un carattere della Repubblica delle
Rose era la lingua. Non era l'italiano, sebbene tutti coloro che
parteciparono alla nascita dell'isolotto erano emiliani, e non era
nemmeno l'inglese, che in clima sessantottino avrebbe significato
riconoscere la globalizzazione come un fenomeno positivo, bensì
l'esperanto: questo idioma, sconosciuto a molti, è una lingua
artificiale creata in finir dell'800 dall'oftalmologo polacco
Zamenhof il quale puntava nell'unir sotto un unico verbo la
popolazione mondiale, senza dare privilegi o giustificare
sopraffazioni delle altre lingue.
L'isola,
raccontano chi ha partecipato al progetto della piattaforma, doveva
essere un tempio culturale, il luogo delle arti e dell'estetica,
dell'amore per il sapere e della vita.
Un
sogno che durò solo 53 giorni: il 1° maggio l'isola venne dichiarata indipendente e in meno di due mesi il governo italiano
risolse diplomaticamente l'intricata questione e fece desistere Rosa
e i suoi. La piattaforma verrà distrutta l'anno dopo e con essa
l'illusione di vivere un'utopia.
A
mio giudizio la storia è avvincente e sicuramente interessante. Ma
non tutti (come dimostrano gli esempi fatti sopra) vedono la vicenda come un qualcosa di romantico e
appassionato.
Si
sa, la storia è travagliata e su di essa si speculano teorie e
supposizioni. E' giusto così per provare a ricercare la verità,
intanto, sviluppiamo le nostre opinioni.
(bandiera dell'isola delle Rose)
Corrado Schininà
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