giovedì 27 febbraio 2014

La vera rivoluzione che abbatte il sistema.

E' palese ormai già da tempo, ma da quando l'ultima crisi economica è venuta alla luce ancora di più, l'idea che l'attuale sistema capitalista ha fallito. Due sono le domande che bisogna porsi per determinare se questa affermazione possa risultare esatta:
-sta funzionando il sistema? Le numerose crisi economiche che si sono susseguite ne sono una testimonianza certa, il sistema non funziona. L'ambizione alla ricchezza, che si traduce in ambizione al potere (caratteristica basilare del capitalismo) crea inevitabilmente i mali che oggi ci ritroviamo inutilmente a combattere. La speculazione in borsa, la corruzione della politica e le magagne dei poteri forti non possono essere eliminate proprio perchè sono prodotti del sistema;
-i valori che si stanno sviluppando rispecchiano effettivamente ciò a cui l'essere umano aspira, ovvero la felicità? Basta guardarsi intorno per rispondere a questa domanda. La competitività propria del capitalismo s'incarna ovviamente anche nei meandri della società, traducendosi nella cosiddetta "scalata sociale". L'odio, l'invidia e l'egoismo che ne scaturiscono non sono di certo in sintonia con l'idea di felicità, anzi la distruggono.
Una volta arrivati alla conclusione che l'attuale sistema è nocivo, come lo si può cambiare in maniera radicale? La prima soluzione, probabilmente istintiva, è l'uso della violenza. La rivoluzione armata rieccheggia sempre nei periodi di crisi ma questo non significa affatto che essa sia la strada da imboccare. Quando una soluzione si è gia attuata e i suoi frutti sono stati decisamente fallimentari, allora bisogna scartarla a priori. Gli anarchici della Guerra civile spagnola si lasciarono alle spalle numerosissimi morti, giustiziando non solo i clericali e le categorie che avevano identificato come nemiche della causa, ma anche cadendo in errore e uccidendo persone che non c'entravano assolutamente nulla. Una spirale d'odio che gli si ripercosse contro.
Inoltre, bisogna rendersi conto che una rivoluzione violenta nel XXI secolo non può sussistere, non è fattibile. I tempi cambiano e anche i mezzi devono cambiare.
Ma esiste un modo necessariamente giusto per abbattere un sistema così radicato nella vita e nel pensiero delle masse? La risposta a questa domanda la si può trovare in un'altra domanda... Come si crea un'influenza importante nei confronti delle masse pari a quella esercitata dalla società dei consumi? 
Attraverso una rivoluzione culturale che parte da nuovi intellettuali e che abbraccia i campi della filosofia, della politica, della scienza, della letteratura, dell'arte e della musica; un nuovo movimento culturale vecchio stile che abbia come unico obiettivo il perseguimento della felicità nel giusto.


Luca Martis


giovedì 20 febbraio 2014

I limiti del mondo moderno

Viviamo in una società frenetica, in cui spesso corriamo ma spesso non sappiamo in che direzione andare. Siamo condizionati dagli schemi imposti dalla società e alla fine non riusciamo a esprimere noi stessi perché siamo paralizzati da un sistema che da noi non chiede l'auto-realizzazione, ma il profitto. E quando un sistema entra in crisi (come d'altronde accade dal 2008), difficilmente pensiamo a come il problema si sia originato, ma pensiamo subito a come risolverlo nel minor tempo possibile (o almeno, questa è la logica dei governi).

In tempi di recessione economica, stringere la cinghia e andare avanti è cosa dovuta. Dinanzi a queste situazioni, tendiamo a pensare che questi crack siano fisiologici, che la ripresa è alle porte e che ne usciremo meglio di prima.
La ricetta per uscire dalla crisi? Rilanciare i consumi e diventare competitivi: col primo obbiettivo incrementiamo il PIL, col secondo avremo delle aziende leader nei profitti.
Queste affermazioni, che possono risuonare come giuste ed efficaci (anche perché le abbiamo sentite tante e troppe volte), dietro di loro nascondono un sistema becero e sprecone, sordo alle esigenze umane e felice ai numeri.

Per quanto riguarda il PIL, la critica più stringente è che non tiene conto delle istanze umane più basilari (come il garantire cibo, acqua, istruzione, salute alle persone) e punta tutto sulla produzione illimitata di oggetti che dovranno essere comprati, rotti e ricomprati dalla società. Il sistema così esce fuori dalla sua dimensione umana ed entra in quella numerica in cui ad essere importante non è più la condizione di vita delle persone, ma l'accumulare più cose possibili per garantire profitti e PIL. E' la quantità che primeggia sulla qualità.
A fine post vi ho allegato il discorso di Robert Kennedy (fratello del presidente John) che meglio di tutti descrive questo scellerato indice di 'sviluppo' umano.

Il sistema del PIL non è solo ingiusto con le persone (cioè noi), ma è addirittura controproducente: in esso sono inclusi anche gli sprechi di cibo, di energia, gli incidenti automobilistici etc. Insomma, non solo il sistema per valutare il benessere delle persone si basa sul consumo e non sulle persone stesse, ma trova sua linfa vitale anche nello spreco. Infine, ecco una domanda che si pongono decrescisti e critici di questo 'sviluppo': “Come è possibile che in un mondo di risorse finite si generi una crescita infinita?”. Lasciamo le riflessioni ai nostri lettori.

Anche la stessa competitività aziendale riserva qualche pro e molti contro... Di fatti, se è vero che un'azienda che va bene assume nuovi lavoratori e garantisce occupazione, bisogna stare attenti alle condizioni di lavoro imposte: le piccole imprese, per poter competere con quelle maggiori, spesso sono costrette ad operare licenziamenti e nella migliore delle ipotesi a rinegoziare i contratti togliendo fondi alle politiche sociali del lavoratori. Così facendo si arriva alla situazione paradossale nella quale l'azienda registra il segno più nei bilanci, ma i lavoratori (cioè le persone) arrivano a percepire salari più bassi ed hanno meno tutele sociali (d'altronde da qualche anno si parla di togliere o di limitare l'articolo 18). La beffa è che spesso la competizione viene fatta da quelle multinazionali che devono la loro fortuna alla manodopera a basso costo e al disinteresse verso i diritti di chi li fa guadagnare. E noi, per competere, dobbiamo abbassarci a loro?

Evidentemente nel sistema del mercato qualcosa non va. La mera concorrenza fa perdere diritti, l'incremento dei consumi fa sprecare risorse: forse anziché provare a rimettere in sesto un sistema illogico agli umani e logico ai numeri e ai consumi, bisognerebbe essere un po' più folli e proporre nuove idee, un nuovo modo di guardare alla realtà e allo sviluppo, quello vero, della società.

Corrado Schininà



martedì 18 febbraio 2014

Oltre la comicità: Bill Hicks.

William Melvin "Bill" Hicks (1961-1994), nasce a Valdosta, in Georgia.  Cresciuto nel bigottismo di una famiglia di fede battista, Hicks si dissocia ben presto da questo tipo di educazione religiosa. Scrisse sketch fin da ragazzo e inizia a lavorare nel locale Comedy Workshop a Houston, dove sviluppa il suo talento per l'improvvisazione. Dopo l'esperienza dell'università, incontra il mondo della droga, una tematica molto presente nei suoi spettacoli. Il successo comincia nel 1984, quando David Letterman lo invita a partecipare nel suo programma, restandone colpito, ma il vero successo arriva negli anni Novanta, pubblicando album quali One Night Stand, Relentless e Reveletions, riscuotendo grande fama pure nel Regno Unito e in Irlanda. Non regge l'uso abbondante di sostanze stupefacenti e, diagnosticato un cancro del pancreas, muore mentre lavorava alla realizzazione dell'episodio pilota di un nuovo talk-show, puntata poi trasmessa nel 2004. 
Gli argomenti che caratterizzano i suoi spettacoli sono molto vari e controversi: dai temi della tossicodipendenza e l'elogio dei particolari effetti di droghe come marijuana, LSD e funghi allucinogeni, alla la religione e il suo bigottismo contradditorio, dalla pubblicità al sesso. Uno dei must è l'assassinio di John F. Kennedy, in cui espone una certa tendenza al cospirazionismo verso questo evento.
Bill Hicks non è un comico normale. I suoi tour sono irriverenti, stravolgono il pensiero degli spettatori più moralisti e intensificano le idee di quelli più aperti mentalmente. Lo scopo del suo spettacolo, come spiega in un intervista della BBC nel 1992, è quello di interagire con il pubblico come se fosse un proprio amico, e di instaurare un dialogo che verta su argomenti seri, tutto ciò con l'uso di una comicità pungente, mostrando così le contraddizioni dei vari temi trattati. Il suo intento era quello di far pensare.
Dopo aver capito il suo modo di fare è facile intendere che il fine del comico statunitense non è solo quello di far ridere la gente; dietro la maschera della comicità si nasconde infatti una filosofia che promuove palesemente la libertà di scelta di ogni individuo, senza che essa intacchi ovviamente la libertà altrui. Hicks crede fermamente che la vita sia solo "un giro di giostra", al quale decidiamo di partecipare e che non ha una vera importanza perché prima o poi scenderemo da quella giostra, come per dire che la nostra vita non è nient'altro che un momento di un'esistenza ben più lunga e rilevante. Per rendere più vivibile questo giro di giostra però bisogna compiere una scelta fra paura (ovvero la diffidenza e la sfiducia verso il genere umano) e l'amore (ovvero vedere tutta l'umanità come una cosa sola). Qui sotto vi proporrò proprio lo spezzone dello spettacolo in cui espone la sua particolare visione delle cose appena riportata. Buona visione!

Luca Martis

venerdì 14 febbraio 2014

Il colpo di Stato non è ancora finito!

La pagliacciata è iniziata nel novembre del 2011 e continua inesorabilmente come se niente e nessuno potesse fermarla. Più che una pagliacciata, sembra un incubo dal quale il popolo italiano non vuole svegliarsi. Comincia tutto con la nomina del governo tecnico presieduto da Mario Monti (targato Bilderberg e Goldman Sachs) e voluto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l'unico che ha avuto l'onore di ricevere per due volte consecutive il mandanto alla presidenza della Repubblica. Probabilmente tutto ciò non bastava ai poteri forti, quindi hanno pensato bene di rendere le elezioni dell'aprile 2013 un'ennesima pagliacciata; Napolitano nomina Enrico Letta (targato anche lui Bilderberg e Trilaterale) che a sua volta nomina vari ministri amici dei poteri forti, come Emma Bonino, anche lei amante delle riunioni segrete che il Club Bilderberg svolge annualmente. L'ennesima tappa è stata segnata ieri, quando per un motivo o per un altro il PD ha deciso di sfiduciare Letta e di far entrare al suo posto il "volto nuovo e giovane" della politica Matteo Renzi, sempre senza consultare l'ormai irrisoria sovranità popolare. 
La scalata politica del nuovo governante d'Italia è già nota: prima viene eletto presidente della provincia di Firenze, poi diventa sindaco della città rinascimentale e infine, dopo vari conguagli, diventa segretario del PD sbaragliando gli avversari Cuperlo e Civati. Non poteva certamente rinunciare alla presidenza del  Consiglio. Interessante risulta l'intervento nel blog di Beppe Grillo, che afferma "Letta e Renzie sono dei prestanome, utili a chi li ha sostenuti e li sostiene. Marionette. Il Parlamento e lo stesso Governo sono un'illusione ottica e il Quirinale una monarchia. Dall'esterno il cittadino assiste a una squallida lotta tra bande per il potere mentre <nel fango affonda lo stivale dei maiali>". Questo ragionamento diviene logico se si pensa che Renzi otterrà il controllo delle nomine delle aziende di Stato (ENI, ENEL, Finmeccanica) che scadranno tra due mesi.
Ma perchè hanno licenziato Letta? Non rendeva bene l'incarico di Premier dei poteri forti? Eppure il suo curriculum era abbastanza promettente. Lo Sai, un blog d'informazione controcorrente dà una probabile risposta a questa domanda sostenendo che le dimissioni siano state causate anche da una frase detta alla trasmissione Otto e mezzo e nel quale sosterrebbe che se avesse la possibilità di stampare moneta risolverebbe i problemi. Personalmente la ritengo un'esagerazione, ma le vie dei poteri forti sono infinite e quindi purtroppo il dubbio rimane.
I tragici eventi della democrazia italiana continuano e, dopo la ghigliottina messa in atto da Laura Boldrini, sembra che il potere decisionale degli italiani sia stato messo da parte per perseguire un interesse sempre più grande: Europa docet oramai, se non si è sulla prospettiva giusta si viene tagliati fuori! E' successo al festaiolo Berlusconi, è successo al Movimento 5 Stelle, è successo agli italiani. Il mostro di cui non conosciamo l'identità avanza, si percepiscono le sue magagne, si rendono palesi, ma nonostante ciò buona parte della gente non vuole rendersi consapevole e vede in Renzi un buon sostegno per quest'Italia sfinita e all'ultimo respiro. Il PD fa previsioni fino al 2018, non conscio probabilmente dell'ancora instabilità che si ripercuote nella politica italiana. L'infinito colpo di Stato continua e ne vedremo delle belle!

Luca Martis